«La misura della vita non è il proprio comodo: la misura è amare senza misura». Parla così Don Michele Falabretti, responsabile del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile, alla lectio per i giovani tenuta nel Santuario di Santa Maria de La Foresta a Rieti il 5 ottobre scorso, nell’ambito dell’Ottobre Francescano, alla presenza di Monsignor Domenico Pompili. Nel raccoglimento del santuario francescano si sono seguite le tracce del Santo di Assisi, che nella Valle Santa di Rieti ha molto camminato e molto costruito. «Francesco, va’ e ripara la mia casa» è infatti il tema delle iniziative che ruotano attorno al Patrono d’Italia: una figura che oggi più che mai guida e ispira, e che per tutta la vita è stato in cammino con gli ultimi.
La ricerca di Francesco, dice Don Michele, è la ricerca dell’uomo, di tutti noi. Una tensione verso la completezza, l’autenticità, la vita, e dunque l’amore. La stessa ricerca che animava Giacomo e Giovanni, i discepoli più cari a Gesù, insieme a Pietro. Ma il Vangelo racconta che proprio i due fratelli che hanno accompagnato il Maestro nei momenti più importanti della sua vita, che godevano della sua confidenza e di fronte ai quali Gesù non aveva timore di mostrarsi per quello che era, chiedono sfacciatamente: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». (Mc 10, 37)
Una domanda, ci ricorda Don Michele, che dimostra che il Signore non sceglie i perfetti. Gesù non chiede grandi dimostrazioni, non richiede che siamo sempre “a posto”; ma ci chiede di guardare dentro noi stessi, scoprire quali sono le nostre domande, per essere davvero persone autentiche. Ed essere uomini autentici vuol dire, continua Don Michele, arrivare alla fine dei nostri giorni sentendo in noi la gratitudine per la vita, consapevoli che non l’abbiamo gettata; sentire che la vita ci ha regalato molto e che noi siamo riusciti a rispondere a questo grande dono.
«Quando il mio ombelico non è più il mio unico principio di vita, allora sto diventando una persona autentica». La “follia” di Giacomo e Giovanni è di chiedere qualcosa che garantisca loro di star bene, la rassicurazione di essere importanti; Gesù invece insegna che siamo persone autentiche solo quando ci spendiamo per gli altri, quando comprendiamo che il dono della vita è tale solo quando lo si condivide, senza egoismi. Solo a quel punto abbandoniamo il desiderio di primeggiare e ci basta semplicemente esserci.
La questione, ci ricorda Gesù nella pagina del Vangelo, è farsi servo di tutti. Dunque, potremmo dire, la questione è amare senza misura. «Spesso crediamo che l’amore sia qualcosa che si può immagazzinare, un patrimonio raggiunto. Ma l’amore non è qualcosa di cui si può dire “ho fatto abbastanza”; quando smettiamo di servire, la nostra vita non è più vita» ci dice Don Michele. E proprio in un momento di crisi come quello attuale, in cui l’orientamento sembra essere smarrito in tutti gli ambiti, potrebbero nascere nuove possibilità di vivere la vita in maniera autentica, alla luce dell’amore.
L’unica strada è non aver paura delle proprie fragilità, perché la paura impedisce all’amore di maturare. L’esempio è quello di Francesco che abbraccia il lebbroso e in lui trova il volto di Gesù: cercando la vita, la trova, perché «niente ci separa dall’amore». Come Giovanni e Giacomo, siamo imperfetti e rischiamo di porre le domande sbagliate, nella nostra ricerca di un posto accanto a Gesù; ma, come scrive Sant’Agostino, l’amore è un peso che conduce, una guida che indica il cammino ovunque andiamo.
E in cammino continuano ad essere i Giovani di Rieti, ispirati dunque anche dalla vita di “Francesco di Rieti”, un santo che, come ci ha ricordato Chiara Frugoni nell’incontro del 2 ottobre scorso, «non predicava: viveva con l’esempio».