A conclusione di questo insolito «Meeting dei Giovani a distanza», è toccato al vescovo Domenico tirare le somme della riflessione proposta ai ragazzi in questa sesta edizione del consueto appuntamento del periodo natalizio.
Un’edizione piuttosto particolare, il cui spirito, ha tenuto a dire monsignor Pompili nell’intervento andato “in onda” nella mattinata finale del meeting, è stato dell’essere «disorientati ma non destabilizzati»: quanto è stato ascoltato nei vari interventi è un invito «a reagire non con superficialità ma con lucidità, non con ansia ma con fiducia».
Come premessa, il vescovo vuol ribadire un punto fermo, già espresso nell’omelia della Messa domenicale il giorno precedente: distinguere tra “aspettativa” e “speranza”. «L’aspettativa spesso naufraga, come abbiamo ben visto nell’anno appena trascorso, mentre la speranza è una virtù, ha a che fare con una prospettiva da costruire». Importante, per costruire speranza, l’immagine del volo da lui scelta per la Lettera pastorale consegnata alla diocesi a fine lockdown e che ha ispirato il tema del Meeting.
Un’immagine che a monsignore piace associare a quello sport così tipico della valle reatina che è il volo a vela, il deltaplano. Parlando intenzionalmente da uno spazio ampio quale la sala delle udienze del Palazzo Papale, don Domenico sottolinea l’importanza di «allargare lo sguardo», di “volare” senza confini: fare «voto di vastità», il piccolo slogan ironicamente coniato dal presule. «Recuperare uno sguardo integrale», senza chiudersi nel proprio piccolo.
Questo appello alla “vastità” Pompili lo mette dunque a premessa delle tre parole con cui sceglie di offrire le indicazioni conclusive con cui sintetizzare le sollecitazioni giunte dagli ospiti intervenuti nelle due giornate di Meeting. Si tratta di tre verbi, tutti collegati all’immagine del volo.
Il primo è “sporgersi”, da intendersi, dice il presule, anche come “oltrepassare”, “andare oltre”. Cosa possibile «anzitutto attraverso il pensiero»: come avvenuto in questi giorni di Meeting, occasione appunto «per pensare».
Importante, insiste monsignore, che i giovani contribuiscano attraverso «la forza del pensiero, perché pensare significa non arrendersi ai dati di fatto, provare a immaginare qualcosa di diverso, fare in modo che si possa trovare una via di uscita», purché si sia capaci «di uscire dai nostri pregiudizi, dalle nostre inveterate abitudini, dai nostri paraocchi».
Secondo verbo: “osare”. Che per i giovani, spiega don Domenico, significa «avere il coraggio di dar retta ai vostri sogni: non rinunciare a quello che avete coltivato nel vostro cuore». Attenti a non barattare «per un piatto di lenticchie» i sogni, magari perché «intristiti da quello che ci dicono gli altri». Non farsi condizionare dalle «proprie paure», ma inseguire i «propri desideri».
Ed è quello che si esplicita ancor meglio nella terza parola consegnata ai giovani da Pompili: “rischiare”.
«Lo dico pensando a quanto vissuto in questi mesi e probabilmente ancora vivremo», a chi in questa situazione ha saputo rischiare la vita per gli altri. Facile pensare a «infermieri, personale medico, insegnanti, religiosi, preti», come pure ai «tanti genitori che portano avanti la propria famiglia»…
Ma è importante «è non dimenticare che occorre saper rischiare: non solo perché “chi non risica non rosica”, ma anche perché senza questo margine di insicurezza non si crea niente di nuovo». Un appello forte ai giovani a non farsi bloccare dal timore del rischio, soprattutto dopo che il falso mito della sicurezza totale, del tenere tutto sotto controllo, si è infranto miseramente con la pandemia.
La speranza, infatti, «non è la convinzione che una cosa andrà a finire bene, ma la certezza che quella cosa ha un senso indipendentemente da come andrà a finire», conclude don Domenico citando un aforisma dell’intellettuale ed ex presidente ceco Václav Havel.
E con questo pensiero il vescovo chiude augurando a tutti «buon volo» dando arrivederci al Meeting del prossimo anno ottimisticamente da aspettarsi «in presenza».