Un incontro speciale: i direttori del Lazio conoscono il nuovo responsabile della pastorale giovanile italiana

Il servizio con i giovani significa anzitutto incontro e relazione. Per rispondere prontamente a queste due istanze il nostro ufficio si è sempre prodigato nell’aggiornamento e nella formazione continua. Questo ci porta a corrispondere con piacere l’invito del Servizio regionale di pastorale giovanile del Lazio che richiama le diocesi a eventi e riunioni cadenzate nell’anno, che siano il più possibile partecipate. È stato fatto in passato e continua a essere svolto oggi con il nuovo coordinamento, in quello spirito di continuità e fraternità per noi sempre vessillo di unità.

Il 15 gennaio scorso, presso il Santuario Nostra Signora di Fatima di Tivoli, i direttori di pastorale giovanile delle diocesi laziali si sono riuniti per un evento speciale. Anche il nostro direttore, Emanuele Sciortino, ha avuto la possibilità di conoscere e accogliere con gioia il nuovo responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile, don Riccardo Pincerato.

È stato un incontro intenso e proficuo che ha trasmesso forza, impegno e allegria per progettare e affrontare nel migliore dei modi le sfide che si prospettano di fronte a noi. Un incontro, che tra le altre cose ha permesso un confronto tra le varie realtà laziali di pastorale giovanile e da cui sono emersi tre punti fondativi da cui si è deciso di partire o ripartire con più vigore.

Il primo punto su cui vi è stato modo di confrontarsi è quello della comunicazione. Molti sono stati i rappresentanti delle varie diocesi che l’hanno dipinta come croce e delizia degli intenti pastorali. Cosa comunicare? Come comunicare? È un limite o un’opportunità da cogliere? Su questo punto don Riccardo ha portato la sua esperienza, che si sta costruendo su scala nazionale. Ebbene, servono forze nelle diocesi che se ne occupino e su cui è necessario investire, perché abitare la comunicazione, declinata in tutti i modi possibili, significa tentare di avvicinare una relazione. Il tentativo diventa speranza generativa di incontri che impieghino il piano individuale, ma che sappiano anche intercettare trasversalmente le realtà diocesane che accompagnano le sfumature dell’umano. Allora nascerà una sinergia di intento: accompagnare, farsi vicino, esserci. Restare fuori dalla comunicazione, significherebbe recidere la possibilità di avere parola nei contesti che ogni giorno le nostre ragazze e i nostri ragazzi vivono, che a volte li frammentano, che addirittura li svuotano. Varrebbe la pena provare a comunicare che si può provare a ricostruire l’unità dai frammenti del quotidiano, che i vuoti che sembrano incolmabili hanno spazi utili di vita.

Il secondo punto è quello della preghiera. È un punto nevralgico, perché è insieme significativo e distintivo delle attività di pastorale giovanile. Non è un intermezzo, ma dovrebbe essere lo spazio vivo dell’incontro. Uno spazio da preparare, da costruire e su cui fondare l’intero appuntamento. A proposito di preparazione, poi, è emersa forte e chiara l’esigenza di modulare tra le varie età dei nostri giovani. Una necessità non tanto anagrafica, ma soprattutto pedagogica, affinché si possa essere vicini, senza sovrastare; farsi prossimi, rispettando e onorando l’età specifica e il momento della storia personale. Ricordando sempre che lavoriamo “conto terzi”: non per noi stessi, ma per Qualcuno che ha bisogno di noi.

Il terzo e ultimo punto, non meno importante, è quello della vita comune. Offrire spazi di relazione significa anche creare un senso di appartenenza. Qual è l’intento precipuo. Guardiamo in casa nostra, ad esempio. Un territorio geograficamente non smisurato che, però, nel suo essere orograficamente frastagliato e infrastrutturalmente carente paga abbandono e spopolamento. Un’opportunità, ovvero un territorio non vastissimo su cui poter agire, e una fragilità strutturale, ovvero una conformazione territoriale che crea distanze. Su questo elemento il confronto tra le diocesi ha dato delle suggestioni interessanti. A partire dal bisogno di fare rete tra le varie strutture religiose che possano fungere, non tanto e non solo, come assetti ricettivi, ma in particolar modo come nuclei di accoglienza e fraternità. Luoghi dove si possa respirare un’aria diversa e liberante; dove questi tre punti appena descritti possano essere le fondamenta su cui costruire una proposta formativa. Un’offerta ai giovani del luogo, ma anche a giovani di altre realtà che non ne hanno di vicine, ma che ne sentono profondamente il bisogno.

Il nostro direttore Emanuele è tornato rinfrancato da questo incontro regionale insieme a don Riccardo riportando la gioia e la volontà di condividere gli intenti e le speranze espresse.